21 dicembre 2012

24 Gennaio 2010 1 Di thomas

Mi sono alzato presto. Albeggia appena.
La citta’ a quest’ora non sa di nulla, non puzza e non profuma. Non fa rumore.
L’inverno appanna e congela i cristalli delle auto, ne illanguidisce i fari, li fa agonizzare dolcemente nella penombra.

Dalla mia finestra vedo le finestre di altre case. E’ un giorno come tanti. Tende socchiuse raccolgono colazioni di studenti e operai, circondano le famiglie ancora assopite, trattenendo in loro il dolce rimbambimento dei primi passi al di la’ del letto; lo cullano, lo aiutano a svanire via.

Io non lo so. Chissa’ che mi aspettavo. Chissa’ cosa credevo.
Certo, la giornata e’ appena cominciata, ma non sembra proprio l’anteprima di un the day after, non ha l’aria di poter ospitare piu’ tardi uno sbarco di alieni o uno tsunami planetario.

Oggi si lavora. Mi preparo e scendo le scale, saluto il portiere ed esco di casa.

In autobus gente che chiacchiera ma nessuno ne parla. I soliti argomenti, politica, sport, pene e vagina, ma nessuno che faccia cenno a oggi.

Eppure lo sanno. E’ da tre anni, che, prima saltuariamente, poi con l’andar del tempo sempre piu’ spesso, i media non fanno che menarla con questa storia.
La fine di un ciclo.

Il grande cambiamento.

La catastrofe, l’armageddon, la maledizione Maya, il giorno piu’ lungo, la morte del sole…
Possibile che nessuno ci stia pensando ?
Oggi e’ il 21 dicembre.

Il 21 dicembre 2012. La fine del mondo.
Beh, a parte una lieve inclinazione dell’autobus sulla sinistra in occasione delle svolte a destra, stamattina, qui, non c’e’ proprio nulla di anomalo o instabile.

E sorrido. Forse e’ questa la fine; come se qualcuno oggi venisse a dirci “non avrete piu’ nulla di nuovo, ne’ di buono, ne’ di cattivo. Solo giorni infiniti, vuoti e sempre uguali”.
Beh, sai che c’e’, signor 21 dicembre ?
C’e’ che non ti devi sforzare poi molto per darci questo castigo. Per la maggior parte di noi i giorni sono gia’ cosi’, non devi fare proprio nulla.
Va bene, va bene, sto esagerando, e’ che oggi mi sento un po’… Forse e’ una sorta di piccola depressione anti-storica, una specie di sollievo senza trauma…
L’autobus si ferma.
Cosi’, all’improvviso, in mezzo alla strada.
Sento la gente mormorare: che e’ successo, perche’ siamo fermi ?, c’e’ un incidente ?
Qualcuno scherza rivolto all’autista: “ehi cocchiere, frusta !”.
Risate che si spengono all’improvviso.
Il tono dei commenti cambia gradualmente ma in fretta, passa dall’ironico, allo stupito, al terrorizzato: cos’e’ carnevale ? E quelli chi sono ? No, non ci credo, non e’ possibile !
Riesco a trovare uno spiraglio e da uno dei finestrini dell’autobus affollato posso vederle anch’io.
Se e’ uno scherzo, e’ di pessimo gusto, ma il brivido che mi percorre la schiena e’ solo un piccolo anticipo dell’orrore che dovro’ provare.
Orde di uomini e donne stanno uscendo di casa; occupano vie e piazze, bloccano il traffico. Sulle braccia, sul petto, sulle loro bandiere, portano lo stesso stramaledettissimo simbolo.
Scendiamo tutti dall’autobus e ci ritroviamo per forza in mezzo a loro.
Vuoi vedere che e’ questa, vuoi vedere che e’ questa, mio dio, la fine del mondo ?
Non e’ uno scherzo. La gente mi passa accanto e sembra che vaneggi. Mi ritrovo nella folla insieme ad altri, che mi urtano, mi trascinano come la piena di un fiume, mi portano via, portano via tutto.
Dicono e’ vivo, e’ tornato. Alcuni sono increduli, ma schifosamente felici. Ma dov’e’ ? E dove e’ stato finora? Ormai dovrebbe essere morto.

Dicono

LO HANNO CLONATO

Non puo’ essere vero, no !
La gente che era con me sull’autobus si e’ aggregata alla folla, ora sembrano davvero tutti felici, siamo in pochi ad avere sul viso l’ombra dello stupore e del disgusto.
E’ incredibile.
In questa calca ci sono probabilmente le stesse persone che incrocio ogni giorno, su queste strade, negli uffici, nei locali; oggi pero’ sono diverse. Oggi 21 dicembre 2012 hanno gli occhi pieni di una nuova speranza.
Ma com’e’ possibile che non ricordino ?
Forse… Forse trovano che ormai qualsiasi cosa, anche la piu’ abietta crudelta’, anche l’abominio della follia, sia meglio di tutto questo… di tutto questo nulla. Di questa assenza travestita da show televisivo, di questo niente distribuito su decine di canali via digitale terrestre.

Quando senti che non hai piu’ niente dentro, ti riempi con la prima cosa che trovi.

Siamo arrivati in Alexanderplatz, dove un palco e’ gia’ pronto.
Dentro, ancora, ho la speranza che tutto questo sia un brutto sogno, un gioco del cazzo, che ora esce la classica pupona bionda a dirci che siamo collegati con il tale o talaltro spettacolo tv.

Pero’… si’, le tv ci sono. Ma lo capisci dallo sguardo dei cameraman e dei giornalisti che ora sono gia’ sue.

Poi cala il silenzio.

Sembra davvero di poter udire i suoi passi sulla scaletta che porta al palco. Gli stivali della storia che avanzano verso di noi.

E prosegue, il silenzio. Prosegue per qualche secondo anche quando lui compare finalmente al centro della piattaforma e si avvicina al microfono.

E’ tornato, e’ davvero tornato.

Alza il braccio, come solo lui sa fare e oggi, 21 dicembre 2012, si diffonde, immane, catastrofico, senza freno, l’urlo agghiacciante di tutta la gente, che ripete, nel cielo di Berlino, il suo saluto, come un canto

Heil Hitler
Heil Hitler
Heil Hitler

Ed è quasi Natale.

© Thomas Pistoia

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